mercoledì 30 giugno 2010

Valentina Idini "defende" Saramago


Em resposta aos artigos de Claudio Toscani (L'Osservatore Romano) e de Lidia Lombardi (Il Tempo) a nossa aluna Valentina Idini escreveu este texto, que nos deu autorização de publicar.



Gentili Lettori,
Vi scrivo in qualità di studentessa in Lingua e Letteratura Portoghese e soprattutto in quanto cittadina e lettrice perché sento il bisogno di difendere la memoria di un grande scrittore e al contempo di contestare due interventi parziali e fuorvianti, che denunciano in più punti l’ignoranza e la supponenza di chi li ha scritti. Mi riferisco a Claudio Toscani (L’Osservatore Romano) e Lidia Lombardi (Il Tempo).
Il primo ha pubblicato un lungo articolo intitolato L’onnipotenza (presunta) del narratore. E già da qui si possono evincere due cose: 1) Toscani non si è mai interrogato sulle dinamiche della narratologia. 2) Toscani è un paranoico dell’onnipotenza. A parte l’ingenuità del titolo, condita da un pizzico di insano rancore, l’articolo è veramente brutto. Vi si leggono frasi come: «Sia pure scomparso alla rispettabile età di 87 anni, di José Saramago non si potrà dire che il destino l’abbia tenuto in vita a tutti i costi». Ma è pazzo? Cosa intendeva dire Claudio Toscani con questa infelice frase? Segue una biografia striminzita e condita da frasi poco coese come «Non particolarmente complessa né movimentata, la sua vita veniva registrando vari lavori, tra cui l’editoria» e sintagmi audaci quali “la Storia maiuscola” e i “cespiti conduttori”. Ed ecco una bella contraddizione: uno dei capisaldi della narrativa di Saramago sarebbe (cito) una struttura autoritaria totalmente sottomessa all’autore, più che alla voce narrante. Ma come! Nel titolo aveva parlato di un’onnipotenza presunta del narratore, ora ci dice che il narratore in realtà se ne sta ai margini mentre l’autore fa il bello e il cattivo tempo. L’impressione è che Toscani, accecato da un rancore da cattolico ferito, faccia fatica a maneggiare l’argomento letteratura. Ma andiamo avanti. Tralasciando l’appellativo di eterno marxista, passerei al tono da inevitabile apocalisse che Saramago avrebbe, sempre secondo il “critico” Toscani, nelle sue opere. Tutte. Al concetto di Apocalisse poi, il giornalista è profondamente legato. Il termine ricorre tre volte nell’articolo. Un tantino ridondante ma abbiamo afferrato il concetto. A Toscani non va giù l’ateismo di Saramago. Me lo immagino con la carotide gonfia per la rabbia mentre ricorda la militanza dello scrittore nel Partito Comunista, gli attacchi al creazionismo, la sua destabilizzante banalizzazione del sacro. Ed eccolo che inizia a sproloquiare, definisce lo scrittore un populista estremistico che ha dato la colpa di tutti i mali del mondo a un Dio in cui non ha mai creduto, tira fuori mirabili termini propri del linguaggio filosofico con i quali si riempie la bocca, dimostrandoci così che la lezione l’ha imparata per benino: metafisica, ontologia, logica, dialettica. Wow. Impressionante. Tutte queste vacue considerazioni, Toscani le alterna con riassunti folgoranti di alcune opere dello scrittore. Immagino che li abbia presi da wikipedia e che non abbia letto neppure un romanzo di quelli citati. Il cuore non gli avrebbe retto. La ciliegina sulla torta, devo dire, è rappresentata da un’affermazione spiazzante: Saramago ha condannato l’Inquisizione ma ha dimenticato i gulag, i genocidi , le purghe e altre violazioni dei diritti umani per le quali la Chiesa non era direttamente responsabile. Interessante. Ora, io non ho mai sentito Saramago dire che i gulag sono stati esempi di umana virtù. Mai. Cosa c’entravano i gulag? E allora perché non dire il nazismo o le foibe o Chernobyl o l’11 settembre, o i desaparecidos? Ecco un tipico esempio di chi spara parole in libertà, oltretutto puntando il dito sull’uomo (giusto il contrario dell’insegnamento cristiano) e non tenendo minimamente in considerazione l’opera.
José Saramago è stato uno scrittore straordinario, dai molteplici argomenti e dallo stile personalissimo. Quello che più trovo sconcertante è che in questi articoli l’opera letteraria sia passata totalmente in secondo piano. Questi signori si scandalizzano per il trattamento letterario di alcune tematiche care al cristianesimo. Eppure i personaggi storici (così come quelli mitologici) sono continuamente entrati nella letteratura profana, sia per via intertestuale che per via diretta. Toscani ce l’ha con il romanzo Il Vangelo Secondo Gesù Cristo, che definisce «sfida alle memorie del cristianesimo». Saramago però non ha scritto un trattato di teologia. Ha scritto un romanzo. In un romanzo l’autore può dire quello che vuole, come e quando vuole. Non ha una pretesa scientifica, non asserisce una verità assoluta. Racconta una storia. Idem dicasi per Caino, che Toscani ha definito inaccettabile.
Se mi si parla di opere, io pretendo argomentazioni serie e sensate, non giudizi buttati a caso. Può essere verosimile attaccare Tolstoj perché ha fatto morire suicida Anna Karenina? O parlare di Dante in termini ideologici trascurando il suo contributo culturale? Toscani mi sembra un superficiale, un Osservatore Distratto, ma posso ancora capire le sue cattoliche motivazioni per un articolo così infelice. Mi è invece pressoché impossibile capire l’insulsaggine di Lidia Lombardi, la quale esordisce così: «Sapete che cosa impressiona degli intellettuali di sinistra? Che sono sempre uguali a sé stessi, granitici nelle convinzioni. Duri e puri. Dunque, prevedibili» Intanto complimenti per l’acuta ed originale osservazione per nulla banale. Una volta a scuola ci insegnavano a non generalizzare mai. Anche perché cosa vuol dire, allora? Che invece gli intellettuali di destra cambiano idea continuamente? Che chi rimane fedele a un’idea per tutta la vita è un cretino? È un’affermazione pericolosa, che darebbe luogo a tutta una schiera di illustri cretini morti per una buona causa. E come la mettiamo con chi per tutta la sua vita è stato cattolico o di destra? Secondo la Lombardi – che a quanto pare Saramago lo conosceva come le sue tasche, lo scrittore era esattamente così.
La coerenza in questi ultimi tempi non è vista di buon occhio, soprattutto da chi non se la può permettere. Ecco che Saramago diventa uno scrittore aggrappato alle proprie idee, quando invece io direi che da quelle idee era sostenuto. Erano le sue solide basi, non il suo scoglio. Ma ancora: «il suo ateismo tocca eccessi accecati. Un delirio di onnipotenza che si risolve nell’autoinnalzamento a Dio quando imputa al Creatore le stragi di innocenti, le tragedie della Storia». Questa, la Lombardi ce la dovrebbe proprio spiegare perché non l’abbiamo capita. Delirio di Onnipotenza. Ecco un’altra fanatica che parla a vanvera.
E qui arriva il top: «Ma l’incapacità di affrontare il Mistero è forse il suo peccato più grande, quello che nega la sua intelligenza. É un boomerang, perché ottunde la mente, invece di aprirla». Ma che fine psicologa, che maestra di vita, questa Lidia Lombardi! Lei sì che deve avere una mente aperta. Si vede da come scrive. Soprattutto si vede da come conclude sparando a zero anche su Saviano – poco originale anche in questo, signora Lombardi.
«Il portoghese non argomenta, parla per slogan», scrive la illuminata giornalista. E qui la saggezza popolare direbbe “Il bue che dice cornuto all’asino” e sul non-argomentare capisco una volta per tutte che la Lombardi non ha mai letto Saramago.
Ma ora vorrei rivolgermi ai lettori: leggete Saramago. Lasciate perdere le chiacchiere e godetevi un bel prodotto della mente umana. Pensate in termini di Letteratura.
Lancio infine un accorato appello a Toscani e Lombardi – non in senso geografico, ovviamente: scrivete solo di cose che sapete. Non inerpicatevi in territori a voi sconosciuti. Non vi conviene, fate solo delle pessime figure.
Comprendo perfettamente che l’immortalità conquistata da Saramago possa farvi rodere il fegato. Lui, un ateo che ha vinto la morte. Ma siate caritatevoli e perdonategli quest’ultima eterna birichinata.

Grazie per la vostra pazienza.

Valentina Idini

1 commento:

Stefano Valente ha detto...

"Difesa" puntuale, completa. Metto difesa tra virgolette perché Saramago, ovviamente, non ha bisogno di nessuna difesa. Ma c'è davvero bisogno di leggere analisi serie ed esaustive come questa. Alla faccia dei cosiddetti professionisti della stampa (italiana).

Qualcuno un giorno decise di dichiarare guerra a uno scrittore che era comunista e non credeva in nessun dio. Una guerra delirante quanto e più d'ogni altra guerra - o forse più delirante ancora, perché non si placava neanche con la morte del perdente, dello sconfitto, della vittima.

Saramago non credeva in nessun dio. Gli bastava credere nell'Uomo. È l'"umanesimo" di Saramago la sua colpa più grave, intollerabile. Quella che ha mostrato al mondo l'assurda, dolosa incapacità al perdono della classe politica e, ancor più, degli «uomini di fede».

Grazie Valentina