sabato 25 dicembre 2010

Feliz Natal


Desejamos um feliz Natal a todos os nossos leitores.


giovedì 16 dicembre 2010

Maria Pina Giaquinto sugere musica pessoana


A nossa aluna Maria Pina Giaquinto convida-nos a escutar esta música de Roberto Vecchioni.
Bem-hajas, Maria Pina!


"Vi mando una canzone italiana ispirata ad una poesia di Pessoa. Bisogna ascoltarla più volte per cogliere la bellezza del testo"





Fernando Pessoa chiese gli occhiali

e si addormentò

e quelli che scrivevano per lui

lo lasciarono solo

finalmente solo...

così la pioggia obliqua di Lisbona lo abbandonò

e finalmente la finì

di fingere fogli

di fare male ai fogli...


e la finì di mascherarsi

dietro tanti nomi,

dimenticando Ophelia

per cercare un senso che non c'è

e alla fine chiederle "scusa

se ho lasciato le tue mani,

ma io dovevo solo scrivere,

scrivere e scrivere di me..."

e le lettere d'amore,

le lettere d'amore

fanno solo ridere:

e lettere d'amore

non sarebbero d'amore

se non facessero ridere;

anch'io scrivevo un tempo

lettere d'amore,

anch'io facevo ridere:

le lettere d'amore

quando c'è l'amore,

per forza fanno ridere.


E costruì un delirante universo

senza amore,

dove tutte le cose

hanno stanchezza di esistere

e spalancato dolore.


Ma gli sfuggì che il senso delle stelle

non è quello di un uomo,

e si rivide nella pena

di quel brillare inutile,

di quel brillare lontano...


e capì tardi che dentro

quel negozio di tabaccheria

c'era più vita di quanta ce ne fosse

in tutta la sua poesia;

e che invece di continuare a tormentarsi

con un mondo assurdo

basterebbe toccare il corpo di una donna,

rispondere a uno sguardo...


e scrivere d'amore,

e scrivere d'amore,

anche se si fa ridere;

anche quando la guardi,

anche mentre la perdi

quello che conta è scrivere;

e non aver paura,

non aver mai paura

di essere ridicoli:

solo chi non ha scritto mai

lettere d'amore f

a veramente ridere.


Le lettere d'amore,

le lettere d'amore,

di un amore invisibile;

le lettere d'amore

che avevo cominciato

magari senza accorgermi;

le lettere d'amore

che avevo immaginato,

ma mi facevan ridere

magari fossi in tempo

per potertele scrivere...

2011 musical em Santo António dos Portugueses



Gennaio


Giovedi 6.01.2011, Epifania
18.30 Concerto di organo in favore dell’Associazione KIM
III Ciclo organistico internazionale
Organista: Jean-Paul Imbert (Parigi)
Programma: opere di Cochereau, Franck, Bach,
d’Aquin, Dupré, Liszt


Domenica 9.01.2011
18.30 Concerto di organo
III Ciclo organistico internazionale
Integrale dell’opera organistica bachiana
Organista: Giampaolo Di Rosa
Programma: BACH, XII concerto


Domenica 16.01.2011
18.30 Concerto di organo
III Ciclo organistico internazionale
Organista: Giampaolo Di Rosa
Programma: opere di Araujo, Bruna, Mozart, Schumann,
Franck, Di Rosa, improvvisazioni


Sabato 22.01.2011
19.00 Concerto di polifonia sacra: Messe e Offertori
Giovanni Giorgi (?-Lisbona 1762),
un maestro della scuola romana a Lisbona.
Ensemble Mare Nostrum - Coro da Camera Italiano
Direzione: Andrea De Carlo.
Programma: opere di G. Giorgi


Domenica 23.01.2011
18.30 Concerto di organo
III Ciclo organistico internazionale
Organista: Fausto Caporali (organista titolare Cattedrale di Cremona)
Programma: opere di Respighi, Alain, improvvisazioni


Domenica 30.01.2011
18.30 Concerto di organo
III Ciclo organistico internazionale
Organista: Don José Enrique Ayarra Jarne
(organista titolare Cattedrale di Siviglia)
Programma: opere di Bach, Franck, Saint-Säens,
Garbizu, Guridi, Castillo




Febbraio


Domenica 6.02.2011
18.30 Concerto di organo
III Ciclo organistico internazionale
Integrale dell’opera organistica bachiana
Organista: Giampaolo Di Rosa
Programma: BACH, XIII concerto


Domenica 13.02.2011
18.30 Concerto di organo
III Ciclo organistico internazionale
Organista: Frederic Ledroit
(organista titolare Cattedrale di Angoulême)
Programma: opere di Bach, Franck, de Grigny,
Ledroit, Widor, improvvisazione


Sabato 19.02.2011
19.00 Concerto di pianoforte
Pianista: Carlo Michini
Programma: opere di Liszt


Sabato 26.02.2011
19.00 Concerto di musica da camera, duo viola - pianoforte
Violista: David Oltra, pianista: Francesco Buccarella
Programma: opere di Bach, Schubert


Domenica 27.02.2011
18.30 Concerto di organo
Organista: Giampaolo Di Rosa
Programma: improvvisazioni sinfoniche e su testi delle Sacre Scritture




Marzo


Domenica 6.03.2011
18.30 Concerto di organo
Integrale dell’opera organistica bachiana
Organista: Giampaolo Di Rosa
Programma: BACH, XIV concerto


Sabato 12.03.2011
19.00 Concerto di organo
Organista: Pierre Thimus (Liegi)
Programma: opere di Barras, Dupré, Peters


Domenica 20.03.2011
18.30 Concerto di organo in chiusura dell’integrale
dell’opera organistica bachiana nella vigilia
del 326° anniversario della nascita
Organista: Giampaolo Di Rosa
Programma: BACH, XV concerto “Clavierübung III”


Sabato 26.03.2011
19.00 Concerto di organo dell’integrale delle sonate di
Felix-Alexandre Guilmant in occasione del centenario della morte
Organisti: Tiago Ferreira (Porto), Daniel Ribeiro (Porto/Colonia)
Programma: Sonate n. 1, 2, 3


Domenica 27.03.2011
18.30 Concerto di organo dell’integrale delle sonate di
Felix-Alexandre Guilmant in occasione del centenario della morte
Organisti: Giampaolo Di Rosa
Programma: Sonate n. 4, 5, 6


Martedi 29.03.2011
Centenario della morte di F.-A. Guilmant
21.00 Concerto di organo dell’integrale delle sonate di
Felix-Alexandre Guilmant in occasione del centenario della morte
Organisti: Tiago Ferreira (Porto), Daniel Ribeiro




Aprile


Domenica 3.04.2011,Laetare
18.30 Concerto di organo
Organista: Jan Lehtola (Helsinki)
Programma: opere di Bach-Reger, Liszt, Koskinen, Dupré


Sabato 16.04.2011
19.00 Concerto di organo
Organista: Jean Guillou (Parigi)
Programma: opere di Haendel, Seixas, Sousa
Carvalho, Bach, Guillou

mercoledì 15 dicembre 2010

Mais uma recensão de Duarte Pinheiro no "Grande Porto"


O nosso amigo, docente de Português nas Universidades de l'Aquila e de Salerno, Dr. Duarte Pinheiro, acaba de publicar mais uma recensão no jornal "Grande Porto".
Aqui deixamos o seu texto para os nossos leitores e saudamos o Autor, com votos de boas festas!


http://www.grandeportoonline.com/catalog/productImages/semanariograndeporto.pdf



ROMANCE SUJO


Adriano é um “ reles jornalista
do mais reles desporto,
o futebol” (p.34). A
sua vida diária é sôfrega,
rotineira, desinteressante
e mesquinha. A história do
livro é o ramerrame quotidiano
de Adriano. E não há
qualquer lugar para mudança,
nem a personagem
se esforça para tal. Apenas
as mulheres, Alba, uma
amante precocemente desaparecida
da história, e Armanda,
sua “namorada” e
responsável hierárquica
no jornal desportivo lisboeta
onde trabalha, são as
únicas notas dissonantes
no dia-a-dia desmotivador
da personagem principal.
A tudo isto, junta-se-lhe a
segunda guerra do Iraque
como ruído de fundo, para
que o ambiente seja “deveras”
mais pesado e angustiante.
Mas se a intenção
do autor era parodiar
Húmus de Raul Brandão,
roçando situações descritivas
e adjectivações semelhantes,
o resultado
final é francamente medíocre.
Uma linguagem
aparentemente cuidada
convive com coloquialismos
abjectos. Pessimismo,
niilismo e noções sociológicas
flutuam num mesmo
universo (a)literário,
cuja palavra dominante é
“andróide”, mesmo não se
tratando de uma narrativa
de ficção científica. Todavia,
o leitor tem direito a
divertir-se com Adriano
que “Só no ginásio, entre
máquinas de culturismo,
o ringue e a piscina, largava
os seus pensamentos
maléficos de autodestruição.”
(p. 25) ou ainda com
o mecânico deste, também
ele um filósofo que sopra
umas baforadas de Nietzsche
“O que eu faço, prosseguiu
o mecânico quase
em êxtase, é tentar reparar
os danos do tempo e nessa
operação intervenho
como agente do eterno retorno.”
(p. 93).
E como uma desgraça
nunca vem só, há imprecisões
linguísticas, erros
ortográficos e gralhas que
conspurcam um romance
já de si sujo: ora é escrito
“média”, ora por vezes
media; “índicio”? (p. 115)
em vez de “indício”, e ainda
frases nas quais os acentos
gráficos são meros espectadores,
como “criaturas
saidas de um quado [é
uma gralha, falta mesmo
uma -r- no original] de Bacon
poluissem os seus corpos…”
(p. 97). O que sobra
então deste romance breve?
Um final inacreditavelmente
previsível e coerente
com o resto da história.
Sob o ponto de vista gráfico,
o livro até atrai, é pena
que a atracção seja só essa.
Muito pouco para o fundador
e coordenador da revista
Nada, mas o suficiente
para o leitor pensar que
algo está podre e torpe no
reino da literatura portuguesa.


DUARTE PINHEIRO


lunedì 13 dicembre 2010

Giulia Lanciani: "La poetica di João Guimarães Rosa - una lettura della vita come "soprasenso". L'approccio di un traduttore."


No passado dia 3 de Dezembro, o Diparmento di Letterature Comparate da Università degli Studi di Roma Tre promoveu um Convénio Internacional, dedicado aos "Percorsi di Interculturalità: Scrittori, Critici e Traduttori a confronto", curado pelos Professores Marinella Rocca Longo e Giuliano Soria.

Da parte da tarde, a Professora Doutora Giulia Lanciani, fez uma intervenção sobre "La poetica di João Guimarães Rosa: una lettura della vita come "soprasenso". L'approccio di un traduore", que atraiu numerosas pessoas à Sala Ignazio Ambrogio.
Com a gentilíssima autorização da Professora, Via dei Portoghesi publica aqui o texto-base da intervenção.


GIULIA LANCIANI

La Poetica di João Guimarães Rosa:
una lettura della vita come "soprasenso". L'approccio di un traduttore.

Ha cinquantasette anni J.G.R. quando muore di infarto a Rio de Janeiro la notte del 19 novembre del 1967, tre giorni dopo la cerimonia di insediamento all’Accademia Brasiliana di Lettere. Era nato a Cordisburgo, nello stato di Minas Gerais, il 27 giugno del 1908. Laureato in medicina, esercita per alcuni anni la professione in città dell’interno mineiro, poi intraprende la carriera diplomatica, che lo porterà in Europa e a Bogotà, fino al suo rientro in Brasile, dove ricoprirà importanti cariche e svolgerà missioni per conto del Ministero degli Esteri.
Cinquantanove anni di vita, appena venti di creazione letteraria – un periodo breve, se si vuole, nella carriera di uno scrittore, sufficiente tuttavia a consacrarlo come il più grande fra i narratori brasiliani di ogni tempo, uno dei maestri della prosa moderna.
Cercherò di chiarire le ragioni di questa mia audace affermazione, che risulta però tale solo se non si conosce G.R.
Il nodo centrale della produzione di G.R. e anche il romanzo più noto in Italia, è senza dubbio il Grande sertão: veredas; ma in tutta la sua scrittura si rinviene un’identica sfida: inventare un linguaggio in grado di leggere la vita nel suo “sopra-senso”. Egli dice: “Tutti i miei libri sono semplici tentativi di avvicinare e scrutare il mistero cosmico, questa cosa mutevole, impossibile, perturbatrice, ribelle a qualsiasi logica, che è la cosiddetta realtà”. A sostenere e a nutrire la assombrosa (la prodigiosa, la sbalorditiva, la stupefacente) scrittura rosiana è la fiducia illimitata nel potere significante della parola.


Una fiducia direi connaturata, innata: in una intervista per il giornale scolastico (Guimarães Rosa ha nove anni di età e frequenta a Belo Horizonte il Colégio Arnaldo gestito da padri di nazionalità tedesca) egli dichiara: “Falo português, alemão, francês, inglês, espanhol, italiano, esperanto, um pouco de russo; leio sueco, holandês, latim e grego (mas com o dicionário agarradado), entendo alguns dialetos alemäes; estudei a gramática do húngaro, do árabe, do sanscrito, do lituânio, do polonês, do tupi, do hebraico, do japonês, do tcheco, do finlandês, do dinamarquês… Acho que estudar o espírito e o mecanismo de outras línguas ajuda muito a compreensão mais profunda do idioma nacional, ajuda a compreensão do mundo”. Al di là dell’evidente esagerazione, ciò che interessa sottolineare è l’importanza che egli attribuisce alla lingua come strumento di conoscenza e di autoconoscenza. La lingua, la scrittura.
Ma che cosa è la scrittura rosiana? è viaggio, cammino lungo i pericolosi versanti del vivere, viaggio iniziatico nel labirinto delle cose per tentare di svelarne l’essenza, il reale assoluto, ciò che in esse esiste di magico e si rivela solo a chi ha l’audacia e l’amore di penetrarle, di trasporre il silenzio oltre il quale si cela il mistero poetico dell’esistere, della vita. «Quando nada acontece, há um milagre que não estamos vendo», egli dice. Ovvero: Quando nulla accade, c’è un miracolo che non stiamo vedendo.
«I miei libri sono avventure – afferma G.R. –; per me sono la più grande avventura. Scrivendo scopro sempre un nuovo pezzo di infinito, vivo nell’infinito, il momento non conta». Egli è il viator per eccellenza, il viaggiatore che attraversa il sertão (geograficamente il sertão è l’interno poco popolato del Brasile, coperto da foresta o completamente arido, ma è una realtà così dinamica e multiforme, che sfugge a una visione predeterminata che ne definisca i limiti in modo inequivoco, è una metafora del Brasile, ma anche della realtà tutta); egli attraversa il sertão, dicevo, ossia il mondo, perché il sertão non ha porte né finestre, “sertão é do tamanho do mundo”.
“Tudo é e não é”, scrive Guimarães Rosa: in lui, la logica dell’alternativa si trasforma in logica additiva, nessun elemento ne esclude un altro, tutte le veredas sono le differenti parcelle dello stesso sertão, che è in ogni parte, che è dovunque. Si sgretola così il carattere dicotomico della logica razionalista, incapace di conglobare l’essere e il non essere: nella logica rosiana gli opposti non si escludono ma coesistono e si alimentano reciprocamente.
Per dire questa realtà nella sua totalità, nel suo assoluto, è necessario superare la povertà della parola che si limita a dire verità stabilite, è necessario liberare la parola dalla contaminazione del tempo che ne lede e ne condiziona inevitabilmente il senso, è necessario articolare questo senso in un movimento circolare ed eterno, creare insomma una parola che non conosca frontiere tra le cose e i nomi che le designano, tra l’essenza delle cose e la sua rappresentazione verbale, inventare il linguaggio di un mondo senza limiti dove l’uomo-umano compie la traversata della vita. “Solo rinnovando la lingua si può rinnovare il mondo” – afferma lo scrittore in una intervista al critico tedesco Günter Lorenz –, conoscere le realtà più profonde: bisogna recuperare l’illesa lama del vocabolo, poco vista e ancor meno udita”, ossia recuperare l’infanzia della parola, la potenzialità primigenia della parola, corrotta e oscurata dall’azione del tempo. “Língua e vida são uma coisa só; quem não faz da língua o espelho da sua personalidade, não vive, e como a vida é uma corrente contínua, um desenvolvimento contínuo, assim a língua também deve se desenvolver continuamente… Minha língua brasileira é a língua do homem de amanhã, depois da sua purificação”.
La parola poetica, pertanto, necessita di un processo di depurazione attraverso l’eliminazione degli elementi che nascondono la sua illesa lama, così come necessita di rivitalizzazione attraverso il sondaggio, l’esplorazione delle sue illimitate potenzialità. Illimitate potenzialità in cui lo scrittore ripone piena fiducia “Hoje um dicionário é ao mesmo tempo a melhor antologia lírica – dice al sopracitato intervistatore “Cada palavra é, segundo sua essência, um poema. Pense só em sua gênese. No dia em que completar uns anos, publicarei um livro, meu romance mais importante: um dicionário. E este fará as vezes da minha autobiografia” (“Oggi un dizionario è al contempo la migliore antologia lirica. Ogni parola è, a seconda della sua essenza, una poesia. Si pensi solo alla sua genesi. Il giorno in cui avrò vissuto un certo numero di anni, pubblicherò un libro, il mio romanzo più importante: un dizionario. E questo farà le veci della mia autobiografia). Come dire che la lingua nel suo divenire profondo è la sua vita. Egli riconosce nella parola, e in particolare nel nome – che indica la vera relazione tra le cose –, un potere mitico, che fa del suo linguaggio la lingua della metafisica: “Minha linguagem deve ser a língua da metafísica… eu procedo assim, como um cientista que também não avança simplesmente com a fé e com o pensamento agradáveis a Deus. Nós, o cientista e eu, devemos encarar Deus e o infinito, pedir-lhe contas e, quando necessário, corrigi-los também, se quisermos” (Lorenz).

Come agisce nella pratica della scrittura Guimarães Rosa? Viator lui, come si è detto, viatores i suoi personaggi, che si vanno delineando a mano a mano che scoprono la realtà che attraversano, un territorio apparentemente e inizialmente vuoto – immenso sertão –, dove le valenze emergono poco a poco fino a riempire le zone che conquistano e riscattano alla dimensione del nulla. La scrittura, così concepita, ha la finalità di aprire lo spirito all’esperienza di una rivelazione, organizza i frammenti della propria esperienza in una forma che è espressione dell’infinita completezza di cui ciascuno di noi porta dentro di sé indelebile saudade, nostalgia. Una conoscenza delle cose che è, ripeto, anche autoconoscenza: non c’è da una parte il mondo e dall’altra l’uomo che lo attraversa. L’uomo è al tempo stesso viaggiatore e viaggio, oggetto e soggetto della traversata, nel cui processo egli si fa: il sertão è dentro di noi.
Per cogliere «o quem das coisas» è necessario pertanto divenire eterni transeunti (“travessia”, traversata, è la parola che conclude Grande sertão: veredas), eterni transeunti in cerca dello spazio al di là dei limiti del contingente, dell’effimero, oltre la soglia del razionale, dove questa cosa chiamata realtà, si fa presagio, attesa, esiste come subito dono di verità. Dove il visibile procede in sintonia con la vita interiore, e lo sguardo riacquista la capacità di trasformare la frustrazione in possesso, la privazione in pienezza; lo sguardo, insomma, constata, conosce e dilata l’individuale verso l’universale.
Sulla scrittura rosiana si potrebbe parlare per un tempo senza fine, ma il nostro è limitato, anzi limitatissimo per argomenti del genere. Mi permetto, allora, di concludere con il riferimento al libro che ho tradotto di G.R., Primeiras Estórias, che in italiano, nelle due pubblicazioni che ha avuto, la prima con la SEI, la seconda negli Oscar Mondadori, ha avuto titoli più seducenti.
Primeiras Estórias è una raccolta di racconti, legati comunque tra loro in modo da costituire una unica storia. Racconti popolati di folli e di bambini – questi ultimi dotati in genere di poteri straordinari -, in cui gli uni e gli altri si confondono nella comune capacità di penetrare il significato occulto delle cose, di raggiungere “la terza sponda del fiume”. All’autore essi non interessano come casi clinici, bensì come terreno propizio all’invasione dell’irrazionale, del magico, in una parola, della poesia. Una follia, dunque, intesa come facoltà di valicare la superficie della realtà, di abitarla dall’interno. Follia che investe anche il mezzo espressivo, lacerato e ricomposto ideograficamente per moltiplicarne le eventualità, per esaltarne il ruolo assegnatogli di strumento utile all’appropriazione dell’essenza delle cose e del loro nome: un linguaggio partecipe della follia e dei suoi poteri atti a diradare il buio circostante: “Quel che c’è intorno a noi è l’ombra più fitta: cose generali”.
Il processo di decodificazione di una tale struttura linguistica esigeva quindi e innanzitutto una lettura testuale altrettanto ardita: non lineare, ma globale, l’unica in grado di svelare le connessioni sia orizzontali che verticali esistenti nella pagina, l’unica che permettesse un’esecuzione e una fruizione polifonica del testo.
Tradurla esigeva dunque una decrittazione del segno poetico, ma anche una sua trasposizione (in italiano) che non obbedisse alle pretese e ai canoni del senso comune. Sebbene fosse in me ostinata e continua la tentazione di intervenire sul tessuto trasgressivo del testo per conferirgli un crisma di leggibilità, ho cercato tuttavia di non concedere spazio a percorsi significanti agevoli, a connotazioni aggiuntive o a funzioni accessorie che lo travisassero e lo snaturassero sostanzialmente. In altri termini, ho cercato – nei limiti del possibile – di aderire alla pratica infrattiva dell’originale, evitando di costruire pacificanti panorami di senso.
Ci sono riuscita? Non lo so. Ma posso dire che delle molte, moltissime traduzioni che ho fatto nella mia vita, questa è la sola che ancora mi soddisfi quasi totalmente, cosa rarissima in me e credo in qualsiasi traduttore dotato di buon senso, il quale ben conosce la precarietà di una traduzione, nel senso che mentre l’opera d’arte è atemporale, essa è invece “nel tempo”, eco o memoria autonoma dell’originale. Fatto effimero – poiché il linguaggio e il gusto cambiano e la rendono più o meno rapidamente “arcaica” –, la traduzione si rivolge nella storia a un dato pubblico in un dato periodo; quando dunque si parla di fedeltà all’opera, si deve intendere anche fedeltà al proprio tempo. Ovvero, tradurre significa anche individuare un punto di equilibrio tra l’esigenza di non tradire il dettato originale e la necessità di rendere accettabile al lettore l’opera stessa, senza eccessive manipolazioni di arcaicizzazione o di ammodernamento.

Guimarães Rosa è l’ultimo alfiere della parola poetica, della parola che sgretolando il compatto muro di gomma della logica quotidiana, sgretola anche le sequenze lessicalizzate della memoria e diviene atto vitale di invenzione, strumento capace di dire il mondo.
Nella letteratura europea è già l’epoca dei silenzi, il linguaggio umano cozza contro la barriera dell’indicibile, è l’epoca dell’incomunicabilità, della sfiducia nel potere significante della parola: un’epoca segnata dai silenzi di Harold Pinter, dai paradossi verbali di Ionesco, dalle desolate lande bechettiane, ma anche dal cinema di Antonioni, dall’arte informale, dagli enigmatici tagli di Lucio Fontana, eccetera eccetera.


Vilma Gidaro sugere uma notícia...


A nossa aluna e amiga envia-nos quanto segue:
Acho que poderia ser interessante dar esta noticia no blogue. O ponto de vista dos outros estrangeiros poderia ser o nosso e então poderíamos ler o livro...

A notícia foi publicada no jornal Público e refere-se aos museus portugueses vistos do estrangeiro:
"(...) É um livro sobre como Portugal e as colecções dos séculos XVIII e XIX eram vistos por quem visitava o país. Relatos por vezes "preconceituosos e cruéis". Outras vezes "judiciosos e certeiros". João Carlos Brigola apresenta hoje Os Viajantes e o "Livro dos Museus".O livro reúne quase uma centena de excertos de "relatos" registados por estrangeiros que então nos visitaram pelas razões mais diversas, e que no decurso da estadia ou no regresso aos seus países quiseram testemunhar as impressões das suas "aventuras".Esta publicação incide principalmente sobre a realidade das colecções, gabinetes e museus em Portugal (...)"
Obrigado, Vilma!

Colóquio Internacional sobre Matteo Ricci - 10 e 11 de Dezembro



Colóquio Internacional
"Os alicerces da Missão da China no tempo de Matteo Ricci: ciência, diplomacia e redes locais"

Sexta-feira, 10/12/2010 a partir das 9h30
Sábado, 11/12/2010 a partir das 9h30

na Faculdade de Ciências Sociais e Humanas
Universidade Nova de Lisboa
Edifício I&D - Sala Multiusos 2, Piso 4
Av. de Berna, 26 - 1069-061 Lisboa
Entrada Livre
Informações
www.cham.fcsh.unl.pt Tel. 00351 217 972 151

Assinalando o IV centenário da morte de Matteo Ricci, SJ (Macerata, 1552 – Pequim, 1610), este colóquio pretende reflectir sobre alguns dos principais aspectos da estratégia científica e diplomática adoptada pela Companhia de Jesus na China nos anos que antecederam o estabelecimento da residência de Pequim, no início do século XVII. Recolhendo contributos de especialistas provenientes de um conjunto muito diverso de ramos do saber, o programa de trabalhos organizado para esta ocasião ambiciona analisar o longo tempo iniciado em finais da década de 1570, quando a estratégia de missionação jesuítica na Ásia Oriental define entre as suas principais prioridades o conhecimento e a adaptação à realidade cultural chinesa.
Neste sentido, o colóquio centra-se na investigação de duas linhas de pesquisa complementares. Em primeiro lugar, olhar-se-á em detalhe o papel instrumental reservado à ciência e à tecnologia nas práticas de missionação, seja pela análise dos conteúdos transpostos da Europa para a China, seja pela avaliação do modo como estes se confrontaram com as práticas científicas orientais. Inquéritos específicos conduzidos a matérias emblemáticas como a matemática, a astronomia ou a cartografia, por exemplo, indagarão também o impacto conseguido pelo aproveitamento por parte dos missionários europeus de veículos privilegiados de transmissão do saber científico como a imprensa.
Em segundo lugar, o colóquio procurará reconstituir os aspectos mais significativos do enquadramento logístico das sucessivas residências jesuíticas inauguradas na China desde 1583, quando da fundação em Zhaoqing da primeira Casa da Companhia de Jesus. Explorar-se-á aqui o modo como o avanço geográfico da presença jesuítica na China tanto pode ser explicado em função dos dados objectivos do povoamento, da estrutura urbana e das vias de comunicação do país, como por um vasto conjunto de solidariedades europeias e orientais de perfil muito diverso: as autoridades civis e a elite letrada chinesa privilegiadas pelos jesuítas como seus interlocutores no terreno, os agentes mercantis, políticos, diplomáticos e religiosos organizados em torno do entreposto português de Macau, passando pelas complexas redes de interesse sediadas na colónia espanhola das Filipinas e pelo aprofundamento dos contactos entre Macau e Manila propiciados pela união das Coroas ibéricas sob Filipe II.

Programa:

10 de Dezembro de 2010


9.30 - Sessão de Abertura
10.00 - Conferência de abertura
Elisabetta Corsi (Facoltá di Lettere e Filosofia, «La Sapienza», Università degli Studi di Roma)
"Matteo Ricci: missione, diplomazia e scienza"
11.00 - Coffee break
11.30 - Painel I - Redes económicas e políticas da Missão da China
António Vasconcelos de Saldanha (Instituto do Oriente, Universidade Técnica de Lisboa)
"O mundo português de Matteo Ricci"
Luís Filipe Barreto (Centro Científico e Cutural de Macau; Faculdade de Letras, Universidade de Lisboa)
"Macau: fronteira múltipla"
Isabel Pina (Centro Científico e Cultural de Macau)
"Jesuítas chineses: alicerces da Missão da China"
Pausa
14.30 - Painel II - Ciência jesuítica para a audiência chinesa
Luís Miguel Carolino (Centro Interuniversitário de História das Ciências e da Tecnologia, Universidade de Lisboa)
"Astronomia europeia e as cosmologias orientais: os jesuítas e a mediação cultural na China durante as primeiras décadas do século XVII"
Rui Magone (Frei Universität Berlin; Centro Interuniversitário de História das Ciências e da Tecnologia, Universidade de Lisboa)
"From Dusk till Dawn: Literacy style and the Jesuittransmission of astronomical knowledge in early seventeenth-century China"
Henrique Leitão (Centro Interuniversitário de História das Ciências e da Tecnologia, Universidade de Lisboa)
"Efeito borboleta: a missão da China e a Ciência em Portugal"
16.30 - Painel III: Geografia e mapas na Missão da China
Francisco Roque de Oliveira (Centro de Estudos Geográficos,Universidade de Lisboa)
"As fontes cartográficas europeias dos mapas-mundo chineses de Matteo Ricci, 1584-1603"
Angelo Cattaneo (Centro de História de Além-Mar, Universidade Nova de Lisboa e Universidade dos Açores)
"As imagens-mundo derivadas de Ricci: ciência, contemplação e meditação entre Europa, China e Japão"
Paolo De Troia (Facoltà di Studi Orientali, «La Sapienza», Universitá degli Studi di Roma)
"Geography and the construction of language in Jesuit books in Chinese"

11 de Dezembro de 2010


9.30 - Painel IV: Livros e imagens em viagem entre a Europa e a China
Antonella Romano (European University Institute)
"Shaping Catholic knowledge about China at the end of the sixteenth century"
Rui Loureiro (Centro de História de Além-Mar, Universidade Nova de Lisboa e Universidade dos Açores; Câmara Municipal de Lagos)
"Livros e manuscritos na missão jesuíta da China no início do século XVII
10.30 - Coffee break
Noël Golvers (Ferdinand Verbiest Institute, Katholieke Universiteit Leuven )
"The beginnings of the Xitang-Nantang Library:Ricci’s western library and its aftermath (Longobardo - Trigault - Terentius)"
Alexandra Curvelo (Centro de História de Além-Mar, Universidade Nova de Lisboa e Universidade dos Açores)
"Matteo Ricci e a cultura visual da Missão da China"
12.00 - Conclusões do Colóquio
António Vasconcelos de Saldanha
(InstitutoOriente,Universidade Técnica de Lisboa)
13.00 - Sessão de encerramento

Obras de Nuno Costa no Youtube


Nuno Costa, para além de ser um jovem compositor, vem-se cimentando como musicólogo e em especial como estudioso da obra do compositor português Joaquim dos Santos - que tantas e tantas vezes recordamos em Roma, nas suas vindas à capital papalina e na execução das suas obras na Igreja de Santo António dos Portugueses.


Nuno Costa, presença assídua em Roma, colaborando com o Instituto Português ou em visita, assinala-nos duas peças de sua autoria recentemente colocadas no Youtube:


Uma composição própria para a liturgia:

Senhor, quem habitará? - Salmo 14 (15)

para solista, coro e órgão.

Encomenda do Grupo Coral Santa Cecília São Martinho do Campo - Santo Tirso (Junho de 2010)Música para a Liturgia - 2010

Interpretação do Grupo Vocal Ançã-ble

Isaías Hipólito, órgão

Pedro de Miranda, direcção

EMAR, Agosto de 2010



E uma composição para o ritual da entrega das alianças:

Recebe a aliança para a entrega das alianças

para solista, coro [e órgão]

Música para a Liturgia - Fevereiro de 2009

Interpretação do Grupo Vocal Ançã-ble

Pedro de Miranda, direcção

EMAR, Agosto de 2010



Parabéns a Nuno Costa e um abraço da Via dei Portoghesi.

martedì 7 dicembre 2010

7 e 8 Dezembro - Santo António dos Portugueses


Senhor D. Manuel Monteiro de Castro retratado por Irene Iribarren


Dois dias de festa em Santo António dos Portugueses:

- esta noite, às 21.00, concerto do segundo aniversário da inauguração do novo Órgão, com Giampaolo Di Rosa que interpreta Bach, no 11º concerto da Integrale Bachiana.

- amanhã, às 17.00, missa solene presidida por S. E. R. Mons. Manuel Monteiro de Castro, Secretário da Congregação dos Bispos, seguida de um momento de convívio.

CONCERTO:

Martedì 7 Dicembre 2010, Ore 21.00

L’organo di Sant’Antonio dei Portoghesi in Roma
Rettore: Mons. Agostinho Borges
Organista titolare: Giampaolo Di Rosa

21 Marzo 2010 : 325° anniversario di nascita di J. S. Bach (1685-1750)
2010 – 2011 Integrale dell’opera organistica bachiana in quindici concerti

Organo: Giampaolo Di Rosa

Patrocini:
PONTIFICIA COMMISSIONE PER I BENI CULTURALI DELLA CHIESA
INSTITUTO CAMÕES

XI concerto, 7 dicembre 2010
II anniversario inaugurazione organo

Concerto BWV 595
Preludio e fuga in do BWV 546
Variazioni canoniche BWV 769
Preludio e fuga in sol BWV 535
Pastorella BWV 590
Passacaglia BWV 582

IMPERO de Vasco Araújo -10 de Dezembro, 19 horas, Fondazione Pastificio Cerere


Na próxima sexta-feira, 10 de Dezembro, pelas 19 horas é apresentado o último vídeo de Vasco Araújo, filmado entre Roma e Lisboa, com o título Impero, na Fondazione Pastificio Cerere (via degli Ausoni, 3) onde o artista fez uma residência no passado mês de Junho.
Trata-se de uma iniciativa da Embaixada de Portugal em Roma, com Apoio do Instituto Camões e curada pela crítica de arte Simona Cresci.

Agradecemos ao Prof. Paulo Cunha e Silva, Conselheiro Cultural da Embaixada de Portugal, a assinalação do evento.


Anteriormente publicado em http://viadeiportoghesi.blogspot.com/2010/11/10-dicembre-roma-impero-ultimo-lavoro.html



IMPERO
Ultimo lavoro di Vasco Araújo
Venerdì 10 dicembre alle ore 19.00
a cura di Simona Cresci
con la collaborazione dell’Ambasciate del Portogallo a Roma


Venerdì 10 dicembre alle ore 19:00 negli spazi della Fondazione Pastificio Cerere, che ha ospitato l’artista durante il período delle riprese, verrà presentato l’ultimo video di Vasco Araújo, dal titolo IMPERO.


Girato tra Roma e Lisbona, rispettivamente tra il quartiere dell’Eur e nel centro di raccolta delle statue di gesso della Facoltà di Belle Arti della capitale portoghese, il film riferisce sulle manovre, le azioni e le relazioni sociali inerenti la creazione, l’amministrazione e l’espansione di un Impero, creando un ponte tra l’Impero Romano e i rispettivi sistemi di regole e azioni del mondo contemporaneo.
Con IMPERO Vasco Araújo vuole rappresentare una comparazione tra l’antico e il contemporaneo dando vita così a un parallelismo tra la nozione di impero individuale e quella di impero collettivo, mostrando rispettivamente le posizioni antagoniste rilevabili tra un’epoca ricca di possibilità e promesse e un’altra che affonda nella disperazione del collasso.
Il testo è stato scritto da Vasco Araújo in collaborazione con André E. Teodósio e si basa su l’”Imperio” di Gore Vidal e sul libretto dell’opera di Händel “Agrippina”.



Vasco Araújo (Lisbona 1975) Il canto, l’Opera, la storia delle protagoniste del passato sono la base del suo lavoro, che con le sue opere agisce attraverso il medium del proprio corpo, tendendo verso il mondo del teatro e della rappresentazione visiva. Cantante lirico, prima ancora che artista, Araújo dichiara che l’Opera è una passione che tiene in vita attraverso l’arte. Ha partecipato a numerose esposizioni internazionali sia in spazi privati che pubblici in Portogallo, Germania, Russia, Spagna, Grecia, Australia e in Italia nello specifico nel 2005 alla 51th Edizione della Biennale di Venezia, Padiglione Italiano “Experience of Art”; nel 2006 La Nuova Pesa Centro per l’Arte Contemporanea, Roma.

INFORMAZIONI:
Vasco Araújo presenta il video “IMPERO”
Presso lo Spazio Cerere
Via degli Ausoni, 3 - 00185 Roma
QUANDO:
Venerdì 10 dicembre
Ore 19:00
CONTATTI
Fondazione Pastificio Cerere
Tel e fax: +39 06 45422960
E-mail: info@pastificiocerere.it
http://www.pastificiocerere.com/

IMPERO di Vasco Araújo è stato realizzato grazie al sostegno dell’ Ambasciata Portoghese a Roma; Istituto Camões; F.B.A.U.L. - Facoltà di Belle Arti, Università di Lisbona; Fondazione Pastificio Cerere, Roma

Conferência "Caravaggio nostro contemporaneo" (Instituto Italiano de Cultura - 13/12/2010 às 19h00)


Conferência

"Caravaggio nostro contemporaneo"
pelo Prof. Doutor Claudio Strinati
Dirigente do Ministério italiano para os Bens e as Actividades Culturais


apresentação pela Prof.ª Doutora Teresa Leonor Vale


Segunda-feira, 13/12/2010 às 19h00
no Instituto Italiano de Cultura


Rua do Salitre, 146 - 1250-204 Lisboa
R.S.F.F. 213884172 - Lotação Limitada. Reserva obrigatória.


Claudio Strinati, Dirigente do Ministério italiano para os Bens e as Actividades Culturais, desenvolveu importantes cargos de Director junto da Soprintendenza dei Beni Storici e Artistici da região Lazio e, desde 1991, de Soprintendente Speciale al Polo Museale Romano. Faz parte de comissões científicas de revistas especializadas em arte, como FMR e Art& Dossier.
Já a partir dos anos Noventa concebeu e organizou grandes exposições, ‘Caravaggio e i Caravaggeschi’, ‘Domenichino’, ‘Pietro da Cortona’, ‘Lanfranco’, ‘Orazio e Artemisia Gentileschi’, ‘Sebastiano del Piombo’, sendo a sua última realização, este ano, a criação e a curadoria da exposição ‘Caravaggio’ nas Scuderie del Quirinale em Roma, fulcro das celebrações para o ano de Caravaggio e que resultou numa das exposições mais apreciadas e visitadas em Itália do segundo pós-guerra até hoje.

Teresa Leonor Vale, licenciou-se em História da Arte em 1989 na Faculdade de Letras da Universidade de Lisboa, onde também obteve o grau de Mestre em 1994. Doutorou-se em História da Arte em 1999 na Faculdade de Letras da Universidade do Porto, com a dissertação intitulada A Importação de Escultura Italiana no Contexto das Relações Artístico-Culturais entre Portugal e Itália no Século XVII. Detentora de estudos especializados de Museologia e Conservação das Obras de Arte, desenvolveu colaboração com a Direcção-Geral dos Edifícios e Monumentos Nacionais no âmbito do inventário de património arquitectónico.

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IIC Lisbona
Serviços Culturais da Embaixada de Itália
Rua do Salitre 146
1250-204 Lisboa Portugal

Tlf. +351 21 3884172
Fax +351 21 3857117

e-mail: iiclisbona@esteri.it



Isabella Mangani canta il fado stasera all'Auditorium del Massimo


Convidada pela Orchestra del 41° parallelo a nossa fadista do coração, napolitana e portuguesa - Isabella Mangani - vai actuar esta noite no Auditorium del Massimo.
A sua performance incluirá o fado "Ó gente da minha terra" popularizado por Mariza.
Parabéns, Isabella!



Têtes de Bois presenta

Concerto all’Auditorium dell’Istituto Massimiliano Massimo,

Mercoledì 8 dicembre 2010
Via Massimiliano Massimo, 1 – ore 21.00

Orchestra delle donne del 41° parallelo





Un’orchestra di donne in viaggio dal Mar Caspio all’Atlantico lungo il 41° parallelo attraverso Armenia, Bulgaria,Turchia, Grecia, Albania, Puglia, basso Lazio, Roma, Sardegna, Spagna e Portogallo.
L’Orchestra delle donne del 41° Parallelo è nata nel 2009 da un progetto dei Têtes de Bois in collaborazione con Acustimantico.


ospiti: Lucilla Galeazzi, Rita Marcotulli, Isabella Mangani, Raffaella Misiti

Per info e prenotazioni: Auditorium del Massimo Tel. 06 543961


Programma di sala


1. Suite di brani tradizionali sardi (Canto A Muttos, Deus ti Salvet Maria)
2. Danza dei vasai (arr. Cristina Majnero) Bulgaria
3. O’ gente da Minha Terra, fado portoghese (arr. Lucia Ianniello), canta Isabella Mangani
4. Suite di Brani tradizionali greci (koftos, hassapiko, sirtaki)
5. Karsilama (danza tradizionale turca, arr.di Laura D’Ippolito)
6. Koinè, al pianoforte Rita Marcotulli
7. Ninna nanna tradizionale albanese, al pianoforte Rita Marcotulli
8. La strada Invisibile, al pianoforte Rita Marcotulli
9. Surnortesur (suite brani tradizionali spagnoli, arr. Yanina Lombardi)
10. Loosin’ yelav (canzone trad. Armenia), canta Raffaella Misiti
11. Sinnò me moro (Rustichelli-Germi), canta Raffaella Misiti
12. Mamma mamma mamma dammi cento lire (trad. basso lazio), canta Lucilla Galeazzi
13. Padrone mio (tradizionale Puglia, Matteo Salvatore), canta Lucilla Galeazzi.

arrangiamenti di Stefano Scatozza, eccetto dove indicato.

Flauto: Raffaella Barbetti
Clarinetti: Agnese Valle e Simona Galeano
Clarinetto basso: Cristina Majnero
Sax Contralto: Yanina Lombardi
Sax Tenore: Agnese Garufi
Tromba e Flicorno: Lucia Ianniello
Trombone: Alice Noris
Violini: Cristina Romagni e Eliana Quattrocchi
Viole: Arianna Bloise e Camilla Dell’Agnola
Violoncello: Laura Pierazzuoli
Contrabbassi: Joy Grifoni. Cristina Patrizi
Pianoforte: Laura D’Ippolito
Batteria: Cecilia Sanchietti
Percussioni: Mara Rinaldi.

Direttore: Stefano Scatozza

Maria de Lourdes Pintasilgo tra le "Women Inspiring Europe"

Agradecemos a notícia à nossa colaboradora e amiga Federica Forte.


L'EIGE - istituto europeo per l'uguaglianza di genere - ha presentato a Bruxelles il calendario 2011 "Women Inspiring Europe", con foto e storie di 12 donne che rappresentano i diversi volti dell'Europa, donne capaci di lasciare un segno nelle loro comunità e nella società europea. Ebbene, tra le 12 selezionate c'è una italiana, la filosofa Francesca Brezzi (che tra l'altro insegna a Roma Tre) e una portoghese, Maria de Lourdes Pintasilgo.

Maria de Lurdes Ruivo da Silva Matos Pintasilgo (Abrantes, 18 gennaio 1930Lisbona, 10 luglio 2004) è stata una politica portoghese, prima (e unica finora) donna a ricoprire la carica di primo ministro (dal 1 agosto 1979 al 3 gennaio 1980) nonché la seconda donna in Europa (dopo Margaret Thatcher).
Nel 1986 fu candidata alla carica di Presidente della Repubblica. Cattolica, all'inizio della sua carriera politica non era affiliata a nessun partito pur essendo vicina al Partito Socialista, al quale si iscrisse successivamente alla sua esperienza governativa e per il quale divenne deputata al Parlamento europeo dal 1987 al 1989.

lunedì 6 dicembre 2010

Novo conto de Stefano Valente: "Pirkko Künnap ou o regresso ao Espaço Percebido"

O nosso excelente amigo, excelente escritor e excelente aluno Stefano Valente, de vez em quando mimoseia-nos com estes seus textos inéditos... Grande honra e grande alegria para este blogue!
Nascido de um exercício escolar um conto extraordinário que faz rir... e meditar!
Obrigado, Stefano!


Pirkko Künnap
ou o regresso ao Espaço Percebido




A história da vida – e da carreira – de Pirkko Künnap pode resumir-se à expressão «volta para trás». Vejamos como.

O futuro teórico da Arquitectura do Espaço Percebido, e também fundador da chamada Escola Künnapiana, nasce casualmente (porque o pai, o insigne divulgador do Urbanismo Neo-lapónio Ago Künnap, encontrava-se aí para uma conferência internacional sobre o estilo manuelino) em Lisboa. É o dia 7 de Setembro de 1957. Vê a luz enquanto a mãe está a acabar o penúltimo mês de gravidez e, de facto, anos depois – quando ele já é um dos máximos expoentes da arquitectura europeia – a mulher confessará que teria querido dar ao filho o nome de Sétimo, e que não o tinha feito só por um «longínquo e inexplicável sentido de pudor».

Pirkko Künnap é um rapaz extraordinariamente vivaz, difícil de manter sob controlo. Para exercitar sobre ele a sua autoridade, o pai Ago recorrerá muitas vezes ao sistema do «Escaninho da Lapónia»: um pequeníssimo quarto sem luz (ou, mais provavelmente, uma velha sauna abandonada) no qual o jovem Pirkko será encerrado repetidamente.

De qualquer maneira – e ainda sem conseguirmos sair da anedota – Pirkko Künnap concluirá a escola primária apenas aos sete anos, e formar-se-á na Universidade da Sorbona (com os mesmos professores do pai) aos dezassete.

O seu primeiro projecto realizado é, portanto, o Herslundmuseum de Copenhaga (1974), na Dinamarca, também conhecido como «o museu das sete vezes sete salas para as sete artes». Naquele período o estilo künnapiano estava ainda longe de ter ganho forma, e o jovem arquitecto ressentia claramente uma curiosa influência art-déco, em seguida nunca mais desenvolvida.

Contudo, já a partir da Casa do Silêncio de Chester-on-the-Mills (Silence House) de 1978, desenhada e construída para um milionário inglês, começa a aparecer a característica interpretação do espaço künnapiano. Vemos aqui uma estrutura cúbica de cento e cinquenta metros por lado, constituída por um quarto único, sem janelas e com portas ocultadas nas paredes, totalmente de cor branca.

A ideia de «o espaço ser uma dimensão subjectiva, que depende dos pensamentos e das experiências de cada ser humano» (entrevista a «Architectural Digest», Março de 1995), ressaltará sempre com maior força nos trabalhos seguintes do mestre finlandês: Zero Manor, 1979-80; a estação de Uppsala, sem caminhos-de-ferro, 1982; o palácio do Ministério dos Negócios Estrangeiros da Guiné-Bissau, 1984 (que repete, dividindo-o e multiplicando-o em 4.900 salas, o conceito desenvolvido na Casa do Silêncio).

Até à chamada assim Vila Simples, no Estoril, de 1995 – que também marca o regresso a Portugal (e não só) do arquitecto –, em que Pirkko Künnap realiza uma outra estrutura cúbica, esta vez com apenas três metros por lado. Também aqui há falta de janelas e portas visíveis, mas a novidade da Vila Simples é a ausência absoluta de qualquer fonte de luz e que o interior desse edifício está pintado de preto.

A construção do Estoril, que tanto fez falar em si mesma, teria de ser, para Künnap, «o ponto final de um caminho mental que se reflecte, inevitavelmente, na criação real e oferecida ao homem além dos próprios sentidos dele». Arquitectura do Espaço Percebido, portanto, que seria analise e reproposta das lembranças e das vivências, quaisquer que estas tenham sido, do autor. «Não tenho vergonha nenhuma», dirá de facto Pirkko Künnap, respondendo ao seu maior crítico, o grego Kariotidis, «em eu ter regressado ao “Escaninho da Lapónia”… Tenho, ao contrário, de agradecer a meu pai Ago: os castigos abrem-nos a mente, fazem-nos olhar para o mundo de uma forma diferente – aquela que talvez seja a forma verdadeira…». Isto na sua última declaração, em ocasião da obtenção do Prémio Aalto, em 1996.

Hoje em dia, enquanto estamos à espera que seja editado, enfim, o livro escrito pela própria mão do arquitecto finlandês (cujo título pareceria ser O Quarto Preto: Sete Autobiografias sem Mentiras), ficam-nos as perguntas que já nos acompanham desde há quase quinze anos: onde está Pirkko Künnap? Por que um homem de imensa fama e riqueza, um génio celebrado por uma multidão de fãs e de epígonos, desapareceu assim, de um momento ao outro?

E… se tivesse razão o grego Kariotidis, o inimigo de sempre, quando diz: «Façam luz, olhem no cubo do Estoril, mesmo no fundo do quarto»?…

STEFANO VALENTE

Ferena Carotenuto escreve sobre Portugal


A nossa brilhante aluna Ferena Carotenuto envia-nos, em forma de carta para uma amiga, algumas impressões sobre o seu estudo do Português. Muitíssimos parabéns pelo excelente trabalho da recém-chegada lusófila e - quem sabe? - futura lusitanista!...


Queridíssima Adelheid,


perguntas-me na tua última carta acerca do meu curso de língua portuguesa. Como bem sabes, escrever para mim é muito mais fácil que falar. Sou uma pessoa tímida, e as palavras não sempre podem voar. Às vezes elas ficam melhor na página branca, tranquilas. Creio que a única maneira de te escrever tudo o que eu sinto acerca desta coisa nova, será tomar algumas palavras para descrever com poucos elementos imagens bastante claras do tema. Portugal, na minha opinião, pode-se dizer com as seguintes palavras.

O fado. Eu não conheço esta música, ainda não. Conheço só as canções dum único concerto cantado no Auditorium em Outubro em Roma. Como eu digo, não entendo nada disso. Mas posso bem escutar as notas e os sons da música. São sons escuros, notas tristes e prolongadas. Não entendo mesmo as palavras. Mas as palavras têm sons, e os sons têm cores. As palavras são sons coloridos, e também estes são cores escuras, quase pretas.
Então, depois dos sons, nasce na minha mente uma imagem precisa. Imagino uma mulher, sozinha, à tarde. Está frio, e ela está triste. Em frente do mar ela olha o horizonte. Mas não pode ver nada. A mulher espera. Espera de alguém. Dum alguém que não pode voltar. Ou que não quer voltar. O rosto da mulher está molhado de chuva e de pranto. Como se canta noutro famosíssimo fado, há muros de pranto e paredes de água. E todos temos, em alguma esquina da nossa alma, um muro de pranto. Ou mais do que um.
Gosto muito dos cantores de fado. Um fado cantado por um homem tem, para os meus ouvidos, muito mais sentido do que um fado cantado por uma mulher. Os fadistas certamente são capazes de exprimir sentimentos fortes.
Agora, depois do concerto, não posso ouvir música tradicional de Portugal sem pensar nesta imagem. O fado, para mim, vai ser basicamente mágoa, tristeza e solidão. E o fado é Portugal.

Fátima. A Nossa Mãe em Portugal! Maria fala português aos três meninos. Português, a língua da Mãe de Deus! Trago sempre comigo uma pequena medalha com a imagem da Virgem e dos três meninos. Vejo também o rosto de Maria, um rosto oval, perfeito, dulcíssimo. A esta Nossa Mãe todo o mundo traz pedidos, orações, dores e esperanças. Ela ama-nos! Maria, luz da manhã, estrela brilhante. Fátima, então, é o amor de Deus e da sua doce Mãe. Fátima é a Igreja, a Religião e a Fé. Também Fátima é Portugal.

O IPSAR. No Instituto Português de Santo António em Roma, o elemento decisivo para mim era o Santo. Desde quando era menina com menos de dois anos, António é o meu santo. Gosto dele com o Menino Jesus em seus braços, uma imagem tão querida!
Agora para mim o IPSAR tem a imagem duma bandeira portuguesa no coração de Roma. Uma bandeira de cultura, coragem e liberalidade. Ainda não conheço bem o website do Instituto, porém acho que a difusão de música, literatura, arte e muito mais em relação a Portugal seja a missão principal deste centro cultural aberto a todos. Os lugares de cultura, numa época de cortes financeiros em todo o mundo, são ao centro duma luta fundamental contra a ignorância destes nossos tempos modernos. O IPSAR é Portugal.

Queridíssima, espero que tu compreendas a minha tentativa de descrever um país em imagens. Que achas?
Um abraço muito grande
Ferena

Paula Paour


Foi no sábado, 4 de Dezembro, das 16h às 22h: a inauguração de uma mostra da joalheira portuguesa Paula Paour, que expôs recente em Roma, onde teve grande sucesso.
Tratou-se de jóias e objectos de Vera Manzoni, Anna Westerlund e Paula Paour na plum atelier.


plum atelier
+ 351 21 3432322
Praça da Figueira, nº 7, 3º dto
Lisbon, Portugal

Dois artigos de Igino Camerota sobre o Fado

Dois interessantes artigos sobre o fado, publicados pelo lusófilo Igino Camerota, que saudamos com amizade. Foram publicados em (i)* - (iniziativa)* agenzia di informazione politica esociale.

in

Alla scoperta del fado portoghese/1


Per Eduardo Lourenço, scrittore e filosofo, "il passato monumentale dell'impero, che ha disseminato le vestigia della sovranità portoghese nel mondo intero, risulta ipertrofico e schiacciante per una nazione in fondo esigua, confinata su una costa estrema d'Europa".
Queste parole riescono, in estrema sintesi, a chiarire un concetto fondamentale per la comprensione di alcune significative sfumature della cultura portoghese.
Importante, in tale contesto, è anche la testimonianza di Gabriel Garcìa Marquez, giornalista e scrittore tra i più incisivi del novecento, che in un suo articolo della metà degli anni settanta, affermava che "per ragioni storiche e geografiche, essendo uno dei paesi più poveri del mondo ma con una posizione geografica fondamentale, il Portogallo è costretto a sedersi alla tavola dei paesi più ricchi [...] ma parla una lingua che nessuno capisce poiché a nessuno conviene capirla, e si presenta con i pantaloni rammendati e le scarpe rotte, ma con la dignità che gli impone l'essere stato in altri tempi il padrone quasi assoluto di tutti i mari. La terribile pressione di tale dramma si riflette su ogni aspetto della vita portoghese".
Acuto e illuminante il contributo dell'autore di Macondo.
Questa particolare caratteristica del popolo lusitano, secondo molti studiosi, semplici turisti e comuni cittadini portoghesi, trova piena espressione nella dolenza e nelle tristi note della musica popolare lusitana più conosciuta al di fuori dei confini nazionali: il fado.
Il Portogallo si affermò come stato sovrano nel 1143, quattro anni dopo la battaglia di Ourique.
Afonso Henriques, subito dopo la vittoria, si autoproclamò re; questo episodio segnò la fondazione del regno e l'inizio di una parentesi monarchica lunga quasi quattrocento anni.
Il passato di grande potenza marittima finì per stimolare non solo le attività legate al commercio ma diede anche nuovi impulsi alla produzione culturale, fornendo spunti originali e interessanti ai numerosi storici e cronisti che, attraverso i loro contributi, hanno dato vita a una vera e propria letteratura memorialista dell'epopea portoghese. Un salto cronologico ci trasporta, così, nella Lisbona del XVIII secolo: un'epoca in cui si era ancora molto lontani dalla sola teorizzazione del concetto di globalizzazione. Ma in cui la capitale portoghese poteva già definirsi globalizzata, vista l'aria..."multietnica" che si respirava tra i vicoli di Alfama e Bairro Alto. Lisbona era una delle città europee più all'avanguardia ma, nel 1755, un potente terremoto ne mise in ginocchio non solo l'economia. La notizia del sisma, rapidamente, si diffuse in tutto il vecchio continente e, non solo per il popolo portoghese, si trattò di un vero e proprio schock...come dimostra il "Poema sul disastro di Lisbona" scritto da Voltaire subito dopo essene venuto a conoscenza. La zona bassa della città (baixa), nei pressi del prosperoso e trafficato porto, venne rasa quasi totalmente al suolo. La cultura è specchio del suo tempo. Lisbona crovevia di merci, monete e, soprattutto, uomini e donne provenienti da ogni angolo di mondo. Da un punto di vista musicale, è significativo sottolineare ai fini del nostro "viaggio" che, non solo nella capitale, ma anche nelle altre principali città del paese, in quel periodo, iniziava a fiorire un'ampia varietà di generi e forme di canzoni e danze popolari. Contemporaneamente, in Brasile, si praticava una "danza cantata" chiamata fado. Sulle origini di questo genere musicale ancora non si è riusciti a fare completa chiarezza. Si sono succedute varie ipotesi e teorie: quella più verosimile è da ricercare proprio in questa forma "danzata". Cultural contact è una parola chiave. La deportazione di migliaia di schiavi in epoca coloniale trasferiti dal continente africano sino in Brasile; la potenza dell'impero portghese e quella del mare. La rotta del fado genere musicale ha interessato tre continenti. All'inizio era danza oscena; poi, giunta in Europa, si è adattata gradualmente ai costumi continentali e ai gusti musicali del tempo, si è impregnata dello spirito del porto di Lisbona, del vino e delle bettole frequentate da donnacce e marinai di ogni angolo di mondo. Poi Amalia si è alzata in canto e tutto il mondo, anche solo per un attimo, ha nuovamente rivolto il suo sguardo verso il Portogallo.
Dei particolari storici e musicali, di Salazar e tutto il resto, avremo modo di parlarne.

Igino Camerota
13 luglio 2010



Da danza a canto. Sulle origini reali e fantasiose del fado


Dai racconti di numerosi viaggiatori giunti in Brasile nel XVIII secolo, è possibile risalire a quelle che sono le caratteristiche sceniche del fado danzato.
Da questi scritti, emerge che, essendo variabile il numero dei partecipanti, la coreografia non era sempre uguale. Quasi tutti concordavano su due punti: i passi erano difficili e, nel suo insieme, si trattava di una pratica molto "sensuale".
Molti, addirittura, la definivano "oscena".
Il fado che oggi si canta nei locali più e meno turistici di Lisbona e nei teatri di tutta Europa deriva da questa danza.
A quanto pare, è in una testimonianza di Adriano Balbi che nel 1822, per la prima volta, con la parola "fado", nella lingua portoghese, oltre al significato di "destino", si intende indicare una pratica musicale.
Il fado danzato del Brasile coloniale, dunque, costituì il nucleo centrale all'origine dell'attuale genere musicale popolare urbano conosciuto, non solo grazie ad Amalia Rodriguez, in tutto il mondo.
Ma, considerate l'evoluzione intensa e continua che ha interessato la danza, le differenze tra queste due espressioni culturali sono evidenti.
A Lisbona, la diffusione della danza iniziò ad affermarsi durante i primi anni del XIX secolo poiché introdotta dagli ex schiavi giunti in Portogallo che avevano popolato i bassifondi della città.
Insomma, una delle caratteristiche più affascinanti relative a questo genere musicale è che sia nato in ambiente popolare; in quei quartieri tuttoggi ritenuti simbolo della capitale portoghese. Alfama, Bairro Alto, Mouraria, Baixa, Alcantara: qui batte forte il cuore della città, qui si è iniziato a danzare prima e a suonare poi il fado portoghese.
Che sia Napoli, Genova, Anversa, Barcellona, Tunisi o Lisbona, immaginate i rumori e gli odori, quelli buoni e quelli cattivi, del porto e dei quartieri circostanti: luoghi di vita e di morte, dove prostitute, ladri, marinai, commercianti e gente di ogni sorta, quotidianamente, si confonde, si parla, socializza.
Ogni soggetto, portatore di valori e usanze differenti.
Ogni soggeto pronto a cambiare e a far cambiare.
E' così che una danza è divenuta canto.
Sulle reali origini del fado, negli ultii anni, si è sviluppato un acceso dibattito rimasto, come evidenziato dai maggiori esperti del tema, spesso circoscritto ai confini nazionali. Insomma, raramente autori non portoghesi hanno mostrato interesse per tale questione su cui, nel corso degli anni, sono emerse svariate tesi.
A oggi, come detto, non sembrano esserci dubbi: il fado deriva da una danza brasiliana.
Vale la pena, però, ricordare altre ipotesi considerate da alcuni studiosi.
Suggestive la "pista araba" e quella legata alla "medievale tradizione lirica profana".
La più romantica e, senza dubbio, maggiormente carica di fascino, però, è la "tesi marittima".
Il suo maggiore sostenitore fu lo studioso Pinto de Carvalho le cui convinzioni si basavano principalmente sulla constatazione della natura oscillante delle linee melodiche tipiche del fado e sulla ricorrenza del tema, assai caro ai marinai e ai loro cari, della saudade.
Impossibile non citare le parole di questo studioso: "il fado nacque a bordo delle imbarcazioni, nei ritmi infiniti del mare, nelle convulsioni di quella che rappresenta l'anima del mondo, nell'ubriachezza mormorante dell'eternità dell'acqua".
Ok, sicuramente si sbagliava.
Ma che importa, in fondo non succede nulla se, consapevolmente, in casi come questo, si decide di credere a qualcosa di errato.
Anche a me piace pensare che il fado sia nato su qualche vecchia grande o piccola nave di legno dove, in preda alla bufera, marinai e capitani, uniti, pregavano di poter far ritorno a casa.
Finché qualcuno di loro, forse inviato dalla provvidenza, cantava.
Tutti lo ascoltavano, forse qualcuno impugnava la chitarra e, nel frattempo, la tempesta e paura erano già...acqua passata.

Igino Camerota
14 luglio 2010

Libro "Una stella" di Manuel Alegre


La SINNOS editrice pubblica il libro Una stella (Uma estrela) di Manuel Alegre, in testo bilingue.

Scritto da una delle voci più importanti della cultura portoghese, Manuel Alegre, e tradotto da Maria Luisa Cusati, è un racconto che parla di Natale ed esilio, di tradizioni lontane e nostalgia, saudade.

“Tutti gli anni, a Natale, io andavo a Betlemme. Il viaggio iniziava in dicembre, al principio delle feste.
[…] quello della nonna era più di un presepe: era una peregrinazione, un viaggio magico o se volete, un miracolo. […]
Ma magica, veramente magica, era la nonna. Era lei che faceva il miracolo della trasfigurazione, portava il Natale dentro casa e ci portava tutti fino a Betlemme. […] La stella era in cielo, dentro casa, dentro noi. Grazie alla nonna, brillava. Grazie alla sua magia Betlemme si trovava in casa. E anche la casa era andata a Betlemme.
Molto tempo dopo, ma proprio molto tempo dopo, io mi trovavo in esilio.”

Alla fine del libro, si apre un capitolo dedicato al calore delle feste, per raccontare varie tradizioni nel mondo.

Ci auguriamo possiate segnalare questo testo, e – se possibile – diffonderne la notizia.

Con la scelta di questi libri sosterrete l’attività di una cooperativa attiva dal 1990, impegnata in progetti di forte impatto sociale e di incontro con altre culture.

Per maggiori informazioni rimandiamo anche al sito www.sinnoseditrice.org


UNA STELLA
di Manuel Alegre illustrazioni di Katiuscya Dimartino
Portogallo collana FIABALANDIA intercultura
ISBN: 978-88-7609-153-7 , euro 14