venerdì 23 giugno 2017

Lo spettacolo Skies di João Garcia Miguel al Teatro India di Roma il 6 e 7 luglio

 
Il portoghese João Garcia Miguel firma Skies, un assolo per la danzatrice Lara Guidetti, una coproduzione Italia-Portogallo.
Un “solo” ispirato alle Baccanti di Euripide, nel quale si indaga la vita e la morte, la distruzione e la rinascita del divino che è in ogni essere umano. A partire dall’unione di Eros e Thanatos, così bene illustrato dalla tragedia euripidea, prende corpo una fisicità intensa, spasmodica, lirica e energica allo stesso tempo. Una performance intensa e vibrante, in cui corpo, spazio scenico e vocalità si intrecciano nella creazione di un immaginario in grado di far dialogare antico e moderno, classico e contemporaneo, attraverso le metafore che il corpo struttura.
Uno spettacolo vibrante, in cui corpo, spazio scenico e vocalità si intrecciano creando una fisicità intensa, spasmodica, lirica e energica allo stesso tempo.
Liberamente ispirato a Le Baccanti di Euripide
Ideazione, drammaturgia e regia João Garcia Miguel
Coreografia e interpretazione Lara Guidetti
musica originale Sara Ribeiro
luci João Garcia Miguel
regia del suono Cristovao Faria Carvalho
sound designer Italia Marcello Gori
produzione Cia JGM e Sanpapié
in coproduzione con Teatro Cine de Torres Vedras
Teatro Ibérico, Centro Cultural Vila Flor, Centro Culturale de Ílhavo
con il contributo di Governo de Portugal - Direção General das Artes
MiBACT – Direzione Generale Spettacolo dal Vivo
Teatro India
Lungotevere Vittorio Gassman, 1 • Roma
6 luglio ore 21.00
7 luglio ore 20.00

 https://www.roma.embaixadaportugal.mne.pt/it/l-ambasciata/notizie/1129-lo-spettacolo-skies-di-joao-garcia-miguel-al-teatro-india-di-roma-il-6-e-7-luglio

Il fado di Cristina Madeira all'Accademia Filarmonica Romana. Lunedì 3 luglio


Lunedì 3 luglio 2017 alle ore 21.45 avrà luogo il concerto di FADO della cantante Cristina Madeira, accompagnata da Lelo Nogueira e da Pedro Marques.
In questa notte di Fado, un viaggio attraverso le melodie più belle della tradizione portoghese, dai classici intramontabili di Amália Rodrigues all’apertura a nuove sonorità.
Nell'ambito del Festival “DESIDERIA” dell’Accademia Filarmonica Romana, con il patrocinio dell’Istituto Camões IP e dell’Ambasciata del Portogallo, e la partecipazione di Austria, Brasile, Giappone, India, Iran, Maghreb, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia.
ore 21.45
NOTTE DI FADO
Cristina Madeira voce
Lelo Nogueira chitarra classica
Pedro Marques chitarra portoghese

3 luglio - Accademia Filarmonica Romana, Sala Casella - Via Flaminia 118, Roma, ore 21.45.
BIOGRAFIA ARTISTI
http://www.filarmonicaromana.org/index.php/calendario-concerti/item/352-desideria

https://www.roma.embaixadaportugal.mne.pt/it/l-ambasciata/notizie/1128-il-fado-di-cristina-madeira-all-accademia-filarmonica-romana-roma-lunedi-3-luglio

mercoledì 21 giugno 2017

FIORELLA IALONGO sulla tragedia portoghese

La giornalista e amica FIORELLA IALONGO, «in punta di piedi, con discrezione ed immenso dolore», come lei stessa ci scrive, ci invia i link dei suoi articoli sulla tragedia portoghese.
La ringraziamo di tutto il cuore.


http://www.matchnews.it/it/tematiche-sociali/1437-tragedia-in-portogallo-la-redazione-di-matchnews-ha-un-coinvolgimento-particolare.html


L’immane dramma che sta colpendo il Portogallo con gli oltre 60 morti nell’incendio boschivo a Pedrogao, nella parte centrale del Paese, per la redazione di Matchnews ha un coinvolgimento particolare.
Nel tempo, infatti, essa ha stabilito un’intensa amicizia con l’Istituto Portoghese di S. Antonio a Roma che sostiene nella diffusione della cultura lusitana e rafforzamento dei suoi legami con quella italiana. Per questo la redazione di Matchnews esprime profondo dolore per la tragedia, si stringe forte all’amico Prof. Francisco Dias, al Rettore Mons. Agostinho da Costa Borges, all’Ambasciatore del Portogallo presso la Santa Sede Dott. Antonio de Almeida Ribeiro, a tutto il popolo portoghese ed invita i lettori ad unirsi nel rispondere all’appello di Papa Francesco in Piazza San Pietro ad una preghiera silenziosa.
La redattrice Fiorella Ialongo esprime il cordoglio della redazione anche al Presidente della Repubblica Portoghese Professor Marcelo Rebelo de Sousa che ha avuto l’onore di conoscere personalmente e di cui ha scritto sul nostro giornale in riferimento alla sua visita di Stato in Italia, ed a cui esprime vivo e profondo apprezzamento per la grande umanità ed alto esempio di vicinanza al suo popolo dimostrati sia in eventi gioiosi come il centenario dell’apparizione della Madonna di Fatima, sia dolorosi come l’incendio devastante di Pedrogao.

http://www.26lettere.it/incendio-a-pedrograo-grande-26lettere-vicina-al-popolo-portoghese/


Vi sono eventi drammatici che, pur lontani fisicamente, si avvertono in maniera particolarmente sentita e vicina. Uno di questi è il furioso incendio che ha colpito la zona vicino Pedrograo Grande, non lontano da Coimbra.  La redazione di “26lettere” esprime profondo cordoglio per il gravissimo lutto nazionale al Popolo portoghese, alle Comunità lusitane presenti in Italia, in particolare all’Istituto Portoghese di S. Antonio a Roma con cui condivide l’amicizia e l’amore per la cultura, e vivo apprezzamento per l’opera che può essere definita eroica da parte dei soccorritori i quali hanno operato in condizioni  disperate con un altissimo prezzo personale.

http://storiacostumeculturasocieta.blogspot.it/2017/06/tragedia-in-portogallo.html



Una immane tragedia ha colpito il Portogallo ed il Popolo di questa Nobile Terra.
Uno spaventoso rogo, alimentato da forti venti e temperature eccezionalmente calde, pare innescato da una scarica elettrica, ha scatenato un vero e proprio inferno nel quale hanno trovato una morte terribile almeno 64 persone, atrocemente carbonizzate o soffocate dal fumo : tra queste, intere famiglie, molti bambini.
A questa tragedia, che ha letteralmente divorato i boschi di Pedrógão Grande, non lontano da Lisbona - , gli Italiani che sono sospinti da quel sincero Amore Fraterno che non conosce confini e che si nutre dei Sacri Principi originati dalla Vitale Scintilla Divina, esprimono i più vivi sentimenti di sincero e profondo cordoglio  e di umana vicinanza: anche attraverso questa pagina Internet.
In particolare,  alle Famiglie delle vittime, a tutto il caro Popolo Portoghese, ed al suo rappresentante Presidente Marcelo Rebelo de Sousa, alla cospicua Comunità Portoghese in Italia, mirabilmente rappresentata dall'Istituto Portoghese di S. Antonio a Roma.

Roma, 19 Giugno 2017

Giuseppe Bellantonio  e Fiorella Ialongo

martedì 20 giugno 2017

Portugal em fogo

 
 
Com a sensação de viver lá, eu choro a tragédia do fogo em Portugal.
 
Sinto muito por este país.
 
Claudio Bibbiani

mercoledì 14 giugno 2017

Fiorella Ialongo sulla mostra di Teresa d'Orey Capucho all'IPSAR

“Ora e prima” in mostra alla galleria d’arte S. Antonio dei Portoghesi 

Scritto da Fiorella Ialongo       

 



Una delle particolarità di un Paese della Penisola Iberica è che festeggia il Giorno del Portogallo e quello delle Comunità Portoghesi nel mondo, nella stessa giornata in cui celebra il suo poeta più famoso: Camoes e non quello in cui fa memoria di una guerra vinta o di una ricorrenza politica.

Questo dato sottolinea il forte legame del  Portogallo con la cultura, la poesia, analogamente alla forza dell’Oceano Atlantico che in qualche modo si è trasmessa ai suoi grandi navigatori. In questa linea la Galleria d’arte S. Antonio dei Portoghesi, nell’omonima via a Roma, ha inteso sottolineare l’evento con la personale di pittura e disegno di Teresa D’Orey Capucho intitolata: “Ora e prima”. Per ella si tratta della prima presenza in Italia e per questo la mostra gode del patrocinio dell’Ambasciatore del Portogallo presso la Santa Sede Antonio De Almeida Ribeiro.

L’artista si è formata alle principali scuole d’arte di Lisbona e proviene da una importante famiglia con una forte sensibilità artistica, il padre è stato uno dei maggiori esponenti dell’espressione artistica che si ispira agli azulejos (piastrella di ceramica smaltata e decorata). La curatrice della mostra è stata la prof.ssa della Facoltà di Belle Arti di Lisbona Luisa Arruda, la sponsorizzazione del “Centro de Investigaçao e de Estudos em Belas-Artes – CIEBA”. Teresa D’Orey Capucho è una donna della tradizione portoghese, madre di 4 figli ed 8 nipoti.

La sua personale è dedicata alle donne confrontando quelle di ieri con quelle di oggi attraverso la raffigurazione di donne protagoniste di episodi biblici dell’Antico Testamento e dell’antichità classica: Penelope, Betsabea, Dalila. Di loro ha rappresentato un momento particolarmente delicato, difficile ed intenso della propria vicenda personale. Le donne di oggi sono invece raffigurate in momenti della loro vita quotidiana cogliendo un’espressione oppure un’attimo, ad esempio mentre si allacciano dei sandali, o disegnando una donna vegana, simbolo dell’ attenzione alla natura, all’ecologia. Molte di queste ultime figure sono ispirate da membri della famiglia dell’artista di cui ha voluto cogliere un aspetto particolare. Nella sua investigazione Teresa D’Orey Capucho ha cercato di sottolineare la forza delle donne nelle sfide importanti della loro vita con i sentimenti più importanti come l’amore e l’odio  La tecnica delle opere è mista, sono disegnate prima a carboncino e successivamente vi è la pittura.

Inoltre, la pittura è preponderante rispetto alla ritrattistica. Nelle tele esposte vi sono anche i paesaggi del luogo in cui abita l’artista. In piccoli disegni, infatti, vi è il paesaggio di un promontorio: Capo della Roca con le sue pietre, il forte vento dell’Oceano Atlantico che scuote le cime degli alberi, simbolo delle grandi sfide della vita. La mostra è visitabile fino al 17 giugno dalle 17,00 alle 20,00.
 
Fiorella Ialongo    
   


martedì 13 giugno 2017

Santo Antonio da Lisbona e di Padova

È oggi!


Ringraziamo Francesco Paniccia, che ci ha fatto avere questa divertente immagine che concentra le due icone delle feste popolari a Lisbona: il "majerico" profumato e la sardina alla griglia...



Lasciamo anche una selezione di musica per augurare a tutti i nostri lettori una bellissima festa di Sant'Antonio!




mercoledì 7 giugno 2017

Maria Vittoria Querini: «Portogallo, il viaggio continua...»

Segnalando il Giorno del Portogallo, è con grande piacere che pubblichiamo questo bellissimo testo della nostra amica MARIA VITTORIA QUERINI:

Maria Vittoria Querini

PORTOGALLO
Il viaggio continua…

Porto,   barco rabelo sul fiume Douro



 
                                                                                                        Siediti al sole. Abdica
                                                                                                        e sii re di te stesso.
                                                                                                                                F. Pessoa

Il ricordo
Il ricordo più antico che ho del Portogallo è il giallo luminoso delle ginestre che una volta costeggiavano un tratto di strada nei pressi della frontiera di Badajoz. E poi si sa, la ginestra è simbolo di rimembranze.
Vidi per la prima volta il Tejo dal ponte 25 Abril, che allora si chiamava Salazar. Nessuno avrebbe potuto dirmi, a quel tempo, che il destino mi avrebbe concesso di attraversare il ponte infinite volte, tutte le volte che un’ansia tenace di conoscere questa terra avrebbe reso “viaggio” un’escursione, una gita, un breve tragitto e non soltanto un percorso che unisce due confini. Perché - e ce lo dice Antonio Tabucchi[1] - “Un luogo non è mai solo ‘quel’ luogo: quel luogo siamo un po’ anche noi. In qualche modo, senza saperlo, ce lo portavamo dentro e un giorno, per caso, ci siamo arrivati”.
I ricordi di quel primo viaggio sono vivi e presenti, ancora oggi che l’immagine del Portogallo si è fatta adulta. Sono tornata dopo molti anni e per molte volte. L'incontro con Lisbona è sempre stato dall'alto: il grande ponte, la statua di Cristo-Rei che “spalanca ai gabbiani e agli aerei la misericordia di cemento delle sue braccia”, la torre di Belém, i tetti rossi, le case bianche, la cupola di Estrela, l'enorme macchia verde di Monsanto li vedo ormai con gli occhi della memoria, non c'è più bisogno che guardi. Ma lo stupore di allora è rimasto intatto, il senso di un'infinita scoperta che cambia il modo di viaggiare. Saramago dice che il viaggio non finisce mai, solo i viaggiatori finiscono.
Lisbona è città che non si dimentica ma non si può raccontare, come saudade è parola che non si può tradurre. Nessuno dovrebbe mai chiedere che cosa ci sia da vedere in una città come questa. Basterebbe percorrere in un giorno di sole (e in Portogallo ce ne sono tanti) la rua de Ouro, la rua do Carmo fino al largo do Chiado, il reticolo di stradine in Alfama e basterebbe salire sull'electrico n. 28, tragitto Estrela-Graça, per avere già una prima risposta.
Le pietre del Terreiro do Paço ricoprono passi che non si sono perduti, neppure dopo che terremoto e maremoto, insieme, spazzarono via nel 1755 l'architettura ariosa di questa piazza, “la più nobile d’Europa”. L’ombra di un giardino vicino alla Sé Catedral invita ad una sosta prima di raggiungere, poco più in alto, il Miradouro di Santa Luzia. Proprio in questo belvedere (mai parola fu più calzante) sopravvive uno grandioso azulejo del Terreiro, così com'era prima che venisse distrutto. Il fiume che si vede da qui è già premessa di mare, Mar de Palha per via del colore. La luce è intensa e l’oceano “si sente” vicino.
Mi trovavo in Portogallo, dalle parti di Tomar, quando la notte tra il 24 e 25 agosto del 1988 scoppiò l'incendio che distrusse una parte della Baixa Pombalina di Lisbona. C'ero stata il giorno prima a passeggiare, tornai dopo alcuni giorni dall'incendio. Le macerie ancora sprigionavano fumo e con il fumo salivano al cielo i frammenti inceneriti delle stoffe preziose, dei ricami vetusti, degli spartiti gloriosi di Valentim de Carvalho, dei sigari della Casa Havanesa, insieme con il sospiro speziato della rua do Alecrim. Dall'alto dell'elevador de Santa Justa, un balcone provvidenziale salvato al disastro, guardavo una rua do Carmo sconvolta. Gli eleganti palazzi del settecento erano gabbie vuote, perfino i muri - i pochi rimasti in piedi - erano deformati per lo sforzo, quello estremo, di resistere alle fiamme che avevano dilatato di secoli lo spazio di un giorno. Era un commiato definitivo anche per me, che mentalmente ripetevo quell'unica parola, Adeus, apparsa a grandi lettere su un giornale di Lisbona.

Pessoa
Un giorno, mentre stavo per entrare al Teatro Sâo Carlos, guardando per caso verso il palazzo di fronte che chiude la piazza proprio come una quinta di teatro, mi fulminò qualcosa di familiare, una sagoma nota. Riconobbi all'istante la casa natale di Fernando Pessoa: perché, prima che l’inquietudine del poeta, mi ha sempre colpito l’infanzia dell’uomo. I primi anni in Sud Africa, la morte precoce dei fratelli e del padre, la pazzia della nonna Dionísia, quel trasbordare di casa in casa, tutto confluiva per me in un affresco di famiglia dal destino severo ma che, proprio per questo, ha guadagnato il mio affetto. I caffè che Pessoa frequentava a Lisbona ci sono ancora, certo un po’ trasformati. Passai un pomeriggio intero al Martinho da Arcada bevendo un caffè dopo l’altro.  Ma il vecchio locale con le pareti di legno, gli specchi e i tavoli di marmo non trasmetteva nulla, non aveva più incanto. Forse perché, lì fuori, le Ophélie Queiroz passavano veloci in minigonna e stivali da guerra. E nell'Arcada, con gli ultimi raggi di sole, entrò solo un sospiro di vento salmastro.
Il primo studioso straniero di Pessoa, il francese Pierre Hourcade, conobbe il poeta proprio al Martinho da Arcada nel 1930 e così lo ricorda: «Lo credevo piccolo, malinconico e scuro, soggetto al funesto fascino della saudade con cui si intossica tutta la sua razza, e d’improvviso mi imbatto nel più vivo degli sguardi, in un sorriso sicuro e malizioso, in un volto che trabocca da una vita segreta». E racconta come si sentisse affascinato dinanzi a lui: «Da quell’uomo malaticcio, i cui occhi erano protetti da spesse lenti, irradiava un incanto indefinibile fatto di estrema cortesia, di perfetta semplicità, di buonumore – sì, anche di buonumore, in quell’uomo disperato e torturato come nessun altro – e di una sorta di intensità febbrile che ardeva sotto la facciata apparente delle buone maniere»[2].
E proprio gli occhiali, oggetto negletto ma indispensabile per guardare la vita, o per vivere visivamente la propria morte, furono l’ultima angosciosa richiesta di Pessoa prima di morire: “Dammi i miei occhiali”. Quasi come avvenne per Goethe che, spegnendosi, chiedeva “Più luce…”.
Oggi Fernando António Nogueira Pessoa, dopo aver concesso per anni le sue spoglie al Prazeres (nome gentile per un cimitero), trova finalmente pace e risposte nella quiete del Mosteiro dos Jerónimos, sotto l'arco di un tempio. Come Corradino di Svevia.

Il mare e la terra
Ma Lisbona non è il Portogallo. Poco più a nord di Lisbona uno sperone di roccia (Cabo da Roca) segna l'estremo occidente d'Europa. Qui “la terra si congeda” come dice giustamente Saramago e, prima di lui, lo ricordò Camôes. Capitai lì, con propositi celebrativi, un primo dell'anno, con il cappello in mano come suol dirsi, ad esigere la mia ricompensa di stupore. Di fronte a queste grandiose solitudini di mare - succede anche a Cabo Espichel, a Cabo Sâo Vicente, soprattutto a Sagres – si animano le ombre dei primi navigatori portoghesi, in fila composta dietro l'Infante D. Henrique come nel Padrâo di Lisbona. Ma ora non ci sono più caravelle, solo qualche petroliera all'orizzonte e gli uccelli a nidificare nel vento.
Per chi ama i crostacei c’è il richiamo di Ericeira, una roccaforte assediata dall’oceano che ruggisce sotto i suoi balconi. A Ericeira c'era una casetta...e sicuramente c'è ancora, se il mare e le intemperie sono stati magnanimi. Una casa bianca, abbandonata, con finestre a misura di bambola. Una parte del muro di cinta nasconde un piccolo quintal, e lì dietro è facile immaginare un grappolo d'uva dorata, un rametto di rosmarino, un Sâo José de azulejo, come recita una canzone assai popolare. Sotto una finestra c'è una lapide a ricordo di una breve sosta che qui si concesse la Regina D. Amelia prima di imbarcarsi per l'esilio, il 5 ottobre del 1910. Ma oltre a una Regina, molti se ne sono andati da questa Europa “estrema”, spesso approdando sull’altra sponda, che è poi l’America. Destino amaro questo, narrato e tramandato dal canto portoghese per eccellenza (il fado) che per la sua grande interprete, Amalia Rodrigues, fu soprattutto “forma di vita”.
Torniamo alla terra. Per descrivere l’Alentejo in poche parole, quelle di José Saramago, che qui è nato, sono le migliori: «E' una terra tanto grande, a voler fare confronti, piena soprattutto di cocuzzoli, con un po' d'acqua torrentizia, ché quella del cielo può essere che manchi come avanzi, e verso il basso si stempera in pianura, levigata come la palma di una mano, anche se molte di esse, per destino, tendono col tempo a chiudersi, adattandosi all'impugnatura della zappa e della falce e del rastrello… Quanto paesaggio. Un uomo vi può girovagare tutta una vita e non trovarsi mai, se è nato smarrito»[3].
Io vi entrai per la prima volta in uno di quei giorni freddi nei quali ci si difende con alimenti vigorosi, come caldo e broa e vino rosso. Uno dei piatti alentejani è il maiale con le vongole, un insolito connubio, ma sarà perché, pur dalla terra, non ci si dimentichi del mare. Nel corso degli anni ho potuto conoscere quasi tutte le città dell'Alentejo, da Beja a Évora (Ebora Cerealis, tanto per essere chiari) visitata più volte, ad Alter do Châo, a Portalegre, ad Estremoz. Dalle vallate ogni tanto si erge una collina coperta di case bianche, come un'altana da cui spingere lontano lo sguardo. Una di queste è Monsaraz, altana tra le più belle, monumento e sintesi del talento architettonico degli alentejani.
Le città di Porto, Coimbra, Aveiro, Valença do Minho, Viana do Castelo, tutta la costa da Sines a Cabo Sâo Vicente, un po’ di Algarve (quello meno celebrato), la mitica Sagres, dove Henrique il Navigatore progettava di dominare l’Atlantico, meriterebbero una descrizione particolare; ma questa non è una guida, è solo volontà di fissare le immagini prima che si dissolvano col passare degli anni, o prima che le città e i luoghi cambino, per destino appunto.
Posso dire di conoscere il Portogallo meglio di altri paesi e di conoscere anche città appena sfiorate. Come Mértola, che una fittissima nebbia di gennaio sottrasse alla mia vista quasi per dispetto improvviso, e pensare che la monaca Mariana Alcoforado - che in verità guardava molto al di là della propria cella - riusciva a vederla dal convento di Beja. Come Sortelha, tenera e accogliente benché rivestita di granito. Come Vila Nova de Milfontes, con le sue spiagge dorate. Come Amarante, dal nome che evoca un tramonto, inserita lassù nel cuore verde del Portogallo. Come le città e i villaggi del Minho e del Douro “tra i cui vigneti l'Europa si è smarrita…”, così scrisse qualcuno che aveva capito.
La valle del Douro (coinvolgente scenario anche per “Vale Abraão” [4]) è infatti un cosmo primordiale dove il fiume - che ancor prima dell’uomo ha disegnato questa terra - lambisce i socalcos di uve pregiate mentre risale, sempre più selvaggio, verso la sua sorgente spagnola.

E’ vero, il viaggio non finisce mai. Percorro le vecchie strade sempre in attesa di nuove suggestioni, mentre gocce di saudade mi colpiscono a tradimento. Allora mi chiedo perché sia stato un medico alsaziano, e non un portoghese, ad inventare tre secoli fa la parola  “nostalgia”.




[1] A. TABUCCHI (1943-2012), scrittore e accademico italiano, considerato uno tra i maggiori conoscitori, critici e traduttori di Fernando Pessoa.
[2] A. CRESPO, La vita plurale di Fernando Pessoa, Ed. Pellicani 1997, p. 287
[3] J. SARAMAGO, Una terra chiamata Alentejo, (Levantado do châo), Ed.Bompiani 1992, p. 10
[4] Vale Abraão  (Valle di Abramo) è un romanzo della scrittrice portoghese Agustina Bessa-Luís da cui il regista Manoel de Oliveira ha tratto l’omonimo film.

martedì 6 giugno 2017

Sabato, 10: giorno del Portogallo segnalato con una mostra a Sant'Antonio dei Portoghese




10 GIUGNO 2017: PERSONALE DI PITTURA DI TERESA D’OREY CAPUCHO
SEGANALA IL GIORNO NAZIONALE DEL PORTOGALLO 
NELLA GALLERIA DELL’IPSAR

Il Rettore dell’istituto Portoghese Di Sant’Antonio In Roma, Mons. Agostinho da Costa Borges, sotto l’alto patrocinio di S. E. l’Ambasciatore del Portogallo presso la Santa Sede, Dott. António De Almeida Ribeiro, promuove la più recente mostra personale di pittura di Teresa d’Orey Capucho nella Galleria IPSAR, nella via dei Portoghesi, segnalando il 10 giugno, in cui si celebra il Giorno del Portogallo, di Camões e delle Comunità Portoghesi nel mondo.

Dal titolo «ORA E PRIMA», il disegno e la pittura di TERESA D’OREY CAPUCHO, artista portoghese per la prima volta presente in Italia, reinterpreta in modo sorprendente alcune donne che si sono ritrovate protagoniste di episodi  della Bibbia e delle gesta eroiche dell’Antichità.
Eva che offre ad Adamo la mela domandando e gli piace, Giuditta che cerca Oloferne o Dalila in fuga - ecco alcune delle eroine che popoleranno la suggestiva galleria dei Portoghesi, dal 13 al 17 giugno.

La mostra, curata dalla Professoressa Luísa Arruda, dalla Facoltà di Belle Arti di Lisbona, è sponsorizzata dal «Centro de Investigação e de Estudos em Belas-Artes - CIEBA», una unità di ricerca e sviluppo negli ambiti della Cultura e della Scienza che appartiene alla stessa Facoltà (http://www.belasartes.ulisboa.pt/investigacao/cieba/).

TERESA D’OREY CAPUCHO (Lisbona, 1946) ha iniziato i suoi studi artistici presso la Sociedade Nacional de Belas-Artes de Lisboa, proseguendo la sua formazione nella Escola Superior de Belas-Artes de Lisboa, che ha concluso con una tesi in teoria dell’arte, dedicata a una delle più internazionali artiste portoghesi: Paula Rego («Paula Rego: o desenho como ponto de referência - o desenho como factor de mudança», 2001). Ha fondato gli “Ateliers de S. Paulo” e appartiene all’Academia de Letras e Artes, a Monte Estoril. Nell’ottobre 2015 esordisce come scrittrice, con il libro di memorie O Chalet Maria Amália (Chiado Editora).


ORA E PRIMA

PERSONALE DI PITTURA DI TERESA D’OREY CAPUCHO

A CURA DI LUÍSA ARRUDA

INAUGURAZIONE:10.06.2017, ore 18.00

ORARIO DI APERTURA: martedì - sabato, 17.00 - 20.00
                                               fino al 17.06.2017
                                               INGRESSO LIBERO



  http://www.exibart.com/profilo/eventiV2.asp?idelemento=168824



Exposição de pinturas e desenhos de Teresa Capucho
Junho (10-17)
Ora e Prima 

Grandes desafios / pequenas contrariedades é o subtítulo dado pela pintora a esta exposição, que consideramos um olhar particular sobre a permanência do feminino na pintura contemporânea.
Teresa Capucho, na sequência de outras exposições de pintura em torno do feminino, interessa-se agora por histórias das mulheres da Bíblia e das heroínas da Antiguidade, como Eva: na pintura Ti piace?, Judite, na pintura Dov’è Oloferne? ou  Dalila na pintura,  Fugge, Dalila!

De facto, sob uma perspectiva decididamente feminina, pinta as mulheres e inventa-lhes falas em textos que fazem parte da imagem e sobretudo integra-as num tempo presente. Como se fossem mulheres de hoje, as heroínas exprimem a sua angústia, espontânea e coloquialmente em frases de tragicomédia. A sedução está por detrás destas histórias. Por detrás ainda, o amor ou o ódio.
Com esta exposição no Instituto de Santo António em Roma e também patrocinada pela Faculdade de Belas Artes de Lisboa, reata-se uma tradição de mostra de trabalhos de artistas formados pela instituição que a antecedeu, a Escola Superior de Belas Artes de Lisboa, destacando-se Leopoldo de Almeida e mais tarde Lagoa Henriques que aí deixaram obras de arte.  

Luisa Arruda
Estoril, 15 de Março de 2017